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Il mio approccio

Il mio approccio teorico e al paziente ha le basi nello studi di alcuni autori, alcuni dei fili della mia formazione: Bion, Stern, Winnicott, Fonagy, Bowlby, Ferro, Senise.

“Un analista trasforma le storie che non possono essere digerite e tesse nuovi significati sostenibili dalla mente del paziente.” – A. Ferro

Ci sono poi altre esperienze e incontri che hanno contribuito a formarmi, come l’Infant Observation (Osservazione Mamma-Bambino condotta per un anno), la terapia personale, le supervisioni singole e di gruppo, la formazione sull’EMDR, sull’uso della fotografia, sui gruppi , sulla scrittura autobiografica.

L’incontro

La tessitura dei pensieri che avviene in seduta ha bisogno non solo del contesto teorico, ma innanzitutto del paziente e del terapeuta.

La terapia è infatti anche l’esperienza di un incontro di due menti (Stern), anche grazie alla condivisione di momenti d’incontro.

Nel mio modo di vedere il percorso terapeutico il paziente non è un oggetto passivo ma paziente e terapeuta sono compagni in un viaggio di esplorazione (Gabbard). Gli obiettivi terapeutici sono perciò diversi per ogni paziente e vengono costruiti insieme.

Il clima terapeutico

In un clima di ascolto empatico e rispettoso (Nissim Momigliano), cioè libero dai pregiudizi, il terapeuta osserva i pattern relazionali del paziente. Sia quelli che utilizza in seduta che quelli che emergono in altre relazioni significative della sua vita. Queste modalità diventano poi occasione di confronto e dialogo in terapia. E’ un’esplorazione attiva che si propone di mettere in collegamento i pensieri, le emozioni, i comportamenti e le relazioni di attaccamento che si sono formate nei primi stadi della nostra vita.

Il cambiamento: verso l’essere pienamente se stessi

Il processo di cambiamento, sulla scia della consapevolezza acquisita, è sostenuto dalla relazione terapeutica. Un obiettivo generale è quello di poter utilizzare la terapia per la crescita personale e alla scoperta della propria autenticità.

“L’atto del sognare suggerisce con vigore che ‘essere umano deve nascere con un propensione alla narrazione di storie. ” – Ogden

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